martedì 27 febbraio 2007

Spunti

Vi segnaliamo due articoli interessanti che possono contribuire ad arricchire il dibattito:

Improduttivi perché inamovibili
di Francesco Daveri

Relazioni pericolose
di Fabiano Schivardi e Francesco Lippi

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sabato 24 febbraio 2007

Marcia verso il futuro

Ho letto con molta attenzione la lettera di Fiorenzo Baratelli su “La Nuova Ferrara” di oggi e voglio proporre alcune considerazioni, oltre a ringraziarlo per l'attenzione prestata al nostro documento.
Penso che la forza del contributo politico (già sottoscritto da decine e decine di giovani iscritti ai Ds e non), sia proprio l'aver concentrato l'attenzione su temi e problemi della politica nazionale e locale: la costruzione del Partito Democratico ed il rinnovamento della politica.
Non abbiamo sentito l'esigenza di indicare singoli esponenti poiché siamo convinti che la personalizzazione del dibattito toglie forza e credibilità ad un documento che riteniamo meritare la dovuta attenzione.
Noi parliamo di futuro, e con esso di una necessaria e imprescindibile nuova modalità di pensare e di agire in politica, crediamo che il problema messo in gioco dalla nostra iniziativa trascenda le personalità coinvolte, e investa le modalità attraverso le quali il nuovo partito è in grado di costruire una concreta e realista proposta di governo, coinvolgendo anche una società civile a volte lontana dalla politica.
Non è una questione di coraggio, è un problema di metodo. E il metodo che vorremo adottare nella costruzione del un nuovo soggetto politico è il radicale cambiamento non solo della pratica ma anche del pensare stesso della politica.
Lontani dallo sterile idealismo che proprio in questi giorni ha colpito alle spalle un buon governo, ma anche lontani dall'eccessiva personalizzazione che ha indebolito l'intero sistema come già accaduto in passato al nostro partito. Perché la forza di questa proposta deve essere nei progetti di azioni di governo concrete capaci di incidere sulla realtà.
Quindi la nostra scelta di non fare nomi nasce dall'esigenza e dalla volontà di non dare peso ai personalismi: il rinnovamento passa proprio da qui. E attraversa un partito di donne e di uomini che si curano più di come governare un territorio che di mettere nomi e cognomi alla berlina.
Fuori dalle consuete logiche che mettono i nomi davanti alle proposte, noi decidiamo di sostenere con forza chi detta scelte coraggiose sia nell'azione rinnovatrice che in quella di governo.

Caro Fiorenzo, devo proprio essere sincero: non credevo che ci si sarebbe concentrati così tanto su quello che nel documento non c'è, ma pensavo si potesse inaugurare un dibattito sui temi e i contenuti in esso presenti. Perché, davanti ad una proposta concreta, largamente condivisa e innovativa, che merita in quanto tale un impegno continuo e la dovuta passione, dobbiamo essere gettati all'interno di una polemica che riguarda prevalentemente la tua generazione?
Non ci sentiamo inferiori, ma diversi rispetto alle classi dirigenti del passato, e lanciamo questa sfida con l'auspicio che la nostra diversità non sia un problema bensì una risorsa per il futuro di questo partito e di questo paese.

Simone Merli

giovedì 22 febbraio 2007

Il giorno dopo

L'imperatore persiano Serse, dopo la sconfitta nella battaglia navale di Talamina, diede ordine di frustare il mare.
Si lanciano anatemi contro un residuato bellico trotzkista e un miserabile senatore della Bassa (c'è persino chi spreca 10 centesimi per mandargli un sms), o contro Andreotti (ammazza o', quanto tempo è che non si insultava il divo Giulio?!) e Pininfarina, quello dei telai delle macchine.
Niente di nuovo sotto il sole. Quando il saggio indica la luna, ci dicevamo anche poco tempo fa, spesso tutti guardano il dito; così come di fronte ad una malattia grave, la sinistra italiana è ben contenta di incolpare il termometro.
E' più facile, più comodo. Quanto ci piace nascondere lo sporco sotto il tappeto? E quanto grande è, ormai questo tappeto?
La mia opinione è che anche le reazioni a caldo di queste ore non stiano centrando completamente il bersaglio. Il governo Prodi non è caduto per un incidente. Per un errore di calcolo, per due senatori truffaldini, per un azzardo politico, o per i fantasmi di complotto vatican-americani.
Il governo Prodi è caduto perchè è divenuta drammaticamente palese la frattura profonda tra le due sinistre al potere, l’incompatibilità ormai strutturale all’interno di un progetto culturale e politico a tutto tondo per il governo e il cambiamento del Paese. Senza l'area radicale non si vince, ma con l'area radicale non si governa, scrive Ezio Mauro oggi in un bell'editoriale su Repubblica.
Ma dico, è possibile che oggi si perda tempo a parlare di Rossi (regalandogli una visibilità mediatica che non merita), e nessuno ricorda che sono mesi che ministri, sottosegretari, presidenti di commissione e segretari di partito sfilano in piazza contro il governo di cui fanno parte o che sostengono? Che il presidente della Camera, vero garante dell'accordo Ulivo-Rifondazione, dichiara: A Vicenza andrei di corsa, ma non posso?
Possibile che nessuno abbia ascoltato ieri, in Senato, decine di senatori di Rifondazione e Pdci che dicevano che disprezzano questo governo perchè fa la lotta agli operai e la guerra al pacifico popolo afgano, ma che tuttavia avrebbero votato "si" per non far tornare Berlusconi?
Come si può lontanamente associare questo atteggiamento ad una seria e moderna cultura di governo? Chi può credere che con questa gente avremmo davvero cambiato l'Italia?
E scene del genere, si sono già viste (in soli dieci mesi) svariate volte: sulla Finanziaria, sulle liberalizzazioni, sulle scelte precedenti di politica estera. Una contrarietà netta, decisa, incontrovertibile, nascosta (messa, appunto, sotto il tappeto) solo per far sopravvivere (leggasi galleggiare) il governo. O, se preferite, per arrivare ai due anni e mezzo necessari per maturare la lauta pensione da parlamentare.
Questa tragica situazione (ma si sa, Ennio Flaiano insegna, in Italia la situazione è sempre tragica ma mai, mai, seria) serve da metro per la credibilità della classe politica di inizio secolo (che è la stessa di fine secolo, e di quasi-fine secolo, e di quasi-quasi fine secolo). Se si ridarà l'incarico a Prodi, con una spruzzatina di trucco in più, una tiratina d'orecchie al Rossi di turno ("Non farlo più, eh"), e magari l'acquisto (non oso immaginare a che prezzo) di Follini e un paio di suoi amici, allora sarà chiaro che ancora una volta si sono anteposti gli interessi di bottega (gli stessi che, scriviamo nel documento, vogliamo disboscare) agli interessi del Paese. Alzi la mano chi ha il coraggio di essere convinto che, passata questa crisi, non ci troveremo tra un mese, un anno, un anno e mezzo nella stessa identica situazione. Dalla prima caduta del governo Prodi, nell'ottobre del 1997 (sulle 35 ore) sono passati dieci anni. Dieci anni di ricatti, di finta unità, di "compagni che sbagliano" da perdonare in nome dell’opposizione a Berlusconi, mai in nome di un progetto vero per cambiare il Paese.
Se invece la classe dirigente, di entrambi gli schieramenti, avrà il coraggio di riformare la legge elettorale e tornare a votare con un assetto finalmente stabile e bipolare, allora forse per una volta avranno prevalso gli interessi del paese, e non quelli personali.
Una riforma della legge elettorale in senso compiutamente democratico, che non è (come già qualcuno di vuol far credere) una legge che dia ai partiti da prefisso telefonico uno spaventoso potere d'interdizione in nome di una presunta rappresentatività che non ha pari in nessuna demorazia occidentale; bensì, una legge elettorale che consenta a chi trae beneficio e consolazione dall'essere in piazza più che dal cambiare davvero il Paese, a chi è rassicurato dal suono familiare di parole d'ordine vetuste, più che dal consenso vero del popolo italiano. Che consenta a costoro di tornarsene belli belli nelle piazze, e lasciare il governo del Paese a chi intende davvero aprire una stagione nuova. Contrariamente a quanto qualcuno può pensare (compreso il ministro dell'Università), stamattina c'è ancora più bisogno di Partito Democratico.

Luigi Marattin

mercoledì 21 febbraio 2007

Di corsa verso il Partito Democratico

Care Compagne, Cari Compagni,
sento di chiamarvi così non solo per consuetudine, ma perchè so che il pane che condividiamo stasera è lo stesso. E' un pane che ha il sapore dell'amarezza nell'aver visto la caduta del governo. Non so cosa succederà, penso serva comunque una forte riflessione. A chi dice che i Ds debbono rimandare il proprio congresso, dico: no, il congresso, ora più che mai deve andare avanti, la strada del Partito Democratico va intrapresa subito per riuscire a dare credibilità al centrosinistra e governabilità al Paese.
Non stiamo parlando di un cartello elettorale, stiamo parlando di Futuro, di quel Futuro che ci sta vedendo protagonisti della sua costruzione, di quel Futuro di tutti e di ciascuno di cui spesso parlo e scrivo perchè ci credo. E credo che non si debba perdere la testa, che non si debba avventurarsi in giudizi affrettati ma che si debba attuare, con la necessaria serenità, un dibattito sulla nostra coalizione e sul senso di responsabilità che purtroppo troppe volte viene superato da personalismi e manie di protagonismo.
Il progetto del Partito Democratico deve concretizzarsi, non abbiamo il tempo di aspettare, non dobbiamo farci schiacciare da chi reputa le nostre, "chiacchiere" da partito. Il nostro è un progetto vero, è un progetto che sostituisce l'interesse particolare con l'interesse collettivo; è il motore della sinistra vera, quella che sa evolversi mantenendo saldi ed imprescindibili i valori della solidarietà, della tolleranza, del servizio e della passione.
Credo che non si debba aver paura di procedere sulla strada che abbiamo intrapreso e che le nostre passioni e competenze vadano spese con umiltà.
So che il percorso ha tanti ostacoli, è inutile negarlo, ma so anche che se sapremo stare uniti e trovare vasti consensi, la strada ci verrà aperta dai cittadini che mostreranno fiducia in quel che andremo a proporgli.
Oggi più che mai ho fiducia nel Partito Democratico.
Oggi più che mai serviamo anche noi.
Grazie a tutti per l'impegno.
Se riuscite, buonanotte.

Simone Merli

Conferenza Stampa [martedì 20 febbraio 2006]

Presentazione del documento "Con la testa rivolta al futuro"
Sala dell'Arengo - Comune di Ferrara


Rassegna Stampa

Il Resto del Carlino







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La Nuova Ferrara





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lunedì 19 febbraio 2007

Con la testa rivolta al futuro

Il quarto congresso dei Democratici di Sinistra è chiamato a scelte destinate a perdurare negli anni a venire e a svolgere un ruolo cruciale per il futuro del nostro Paese e, su base locale, del nostro territorio.
La discussione sulla costruzione del Partito Democratico, iniziata negli anni e nei mesi che abbiamo alle spalle, entra ora nella sua fase più importante, quella che dovrà concludersi con decisioni definitive e con l’avvio della grande avventura costituente.

In questo momento politico così importante, sentiamo il dovere di esprimere il nostro sostegno alla Mozione presentata da Piero Fassino, e nel contempo sottolineare alcuni aspetti che consideriamo cruciali per il futuro del partito nuovo, in particolare nel nostro territorio.

IL PARTITO DEMOCRATICO
Nella nostra provincia, il dibattito sul Pd a cui stiamo assistendo ci sembra ancora troppo ancorato a dinamiche, processi e protagonisti che appartengono ad una stagione che vorremmo superata: troppi tatticismi e personalismi rischiano di farci perdere di vista le ragioni di fondo che ci hanno spinto ad aprire una nuova fase politica nel nostro Paese.
Sulle motivazioni del partito nuovo la mozione Fassino già si esprime in maniera lucida e analitica. Qui ci interessa ricordare che l’idea del Pd nasce dall’esigenza di dare all’Italia un soggetto politico che abbia la forza, l’autorevolezza e il respiro ampio per affrontare i nodi irrisolti dell’innovazione della politica (inteso come sistema e regole di rappresentanza democratica) e innovazione delle politiche nelle molteplici dimensioni della vita pubblica.
Per quanto riguarda il primo aspetto (innovazione della politica), il Pd significa contribuire a completare l’infinita transizione italiana, cominciata all’inizio degli anni novanta e che non ha ancora prodotto un assetto politico stabile, bipolare, efficiente e che consenta di applicare in modo chiaro e trasparente il principio dell’alternanza. In questi anni è cresciuta a dismisura la frammentazione e il governo del Paese si è dovuto affidare a coalizioni spesso troppo eterogenee e per questo incapaci di portare avanti progetti chiari e obiettivi ambiziosi.
L’effetto che ne è derivato è stato chiaro: se si escludono riforme dettate dal vincolo esterno (l’adesione all’euro, figlia dell’integrazione europea, e la riforma Dini del 1995, figlia del dissesto del sistema previdenziale retributivo) non si sono prodotte innovazioni capaci di incidere realmente sul sistema-Paese.
Il Pd serve allora per semplificare la piattaforma di offerta politica, disboscare la giungla di “interessi di bottega” che mettono la visibilità individuale e la contrattazione personale davanti all’interesse generale del Paese, e riformare la governance partitica per rendere chiari obiettivi e progetti sui quali si chiede di essere giudicati dai cittadini.
Per quanto riguarda il secondo aspetto (innovazione delle politiche), il Pd è lo sbocco naturale di un’analisi storico-politica della società italiana di oggi e di domani, che riconosca e interiorizzi le incredibili trasformazioni a cui si è andati incontro a partire dal 1989. Tali cambiamenti determinano la necessità di una nuova cultura politica in grado di rispondere efficacemente ai bisogni di trasformazione e governo della società e di tutela dei più deboli, che da sempre costituiscono la bussola del nostro agire politico.
Quindi, come diretta conseguenza, di un nuovo partito che ne costituisca il veicolo.
Nuovi bisogni della società, nuova cultura politica, nuovo partito. Il contesto politico internazionale, l’emergere di nuove potenze mondiali, le sfide della sostenibilità ambientale, la situazione economica globale, il mercato del lavoro, il nuovo volto della società multietnica e multi-religiosa, il nuovo paradigma tecnologico, l’emergere dell’Europa come punto di riferimento: tutti questi aspetti delineano un contesto radicalmente nuovo e sfide mai concepite, dinnanzi alle quali la rigida applicazione delle vecchie ricette e delle solite rassicuranti parole d’ordine appaiono inutili se non addirittura dannose. Al contrario, per essere in grado di affrontare con un appropriato bagaglio culturale il nuovo contesto, occorre una cultura politica che possa raccogliere e amalgamare il meglio della cultura riformista che il Paese ha espresso negli ultimi decenni (di ispirazione socialista, social-democratica, cattolica, liberale, radicale, repubblicana), ma che sia in grado di aggiungere quegli ingredienti culturali nuovi che costituiscono la spinta propulsiva del mondo delle professioni, delle arti, dei giovani, delle donne, degli immigrati, della società civile.
Solo un Partito che nasca da questa polity composita e totalmente nuova potrà essere in grado di difendere i più deboli e di rappresentare le istanze di coloro che intendono cogliere le opportunità messe a disposizione da una società profondamente diversa da quella nella quale sono cresciuti i nostri padri.

IL RICAMBIO GENERAZIONALE
Un partito nuovo si può fare davvero solo con una classe dirigente nuova. Oltre a non essere la mera sommatoria di Ds e Margherita, il Pd non può essere la riproposizione di vecchi gruppi dirigenti; deve, al contrario, caratterizzarsi come una forza capace di produrre un forte ricambio di personale politico.
Non abbiamo certo in mente di scatenare uno scontro tra generazioni, ma pensiamo che la linfa vitale, l’ossatura del nuovo partito debbano essere espressione di quelle generazioni che non sono state protagoniste della cesura storico-politica del 1989 (magari perché ancora impegnate sui banchi di scuola) e che non siano necessariamente riconducibili alle famiglie politiche del secolo scorso.
Il nuovo nato deve guardare avanti, ricercare l’unità sulle idee di futuro e non essere sottoposto allo stress che deriverebbe se ci si concentrasse sul passato.
Questa esigenza è ancora più forte a livello locale.

Alla fine degli anni novanta a Ferrara si avviò un processo di rinnovamento che mise in discussione pratiche e metodi di governo che erano poco trasparenti e spesso spostavano le sedi delle decisioni in luoghi impropri.
Da un lato, questo processo ha prodotto diversi e più trasparenti modalità di gestione dei rapporti di governo, affrancate da quelle sopra descritte e in forte discontinuità col passato: negli ultimi anni è avvenuto un consistente e apprezzabile ricambio del personale politico nei Comuni della provincia, che ha visto l’emergere di sindaci, amministratori e dirigenti appartenenti ad una nuova generazione.
D’altro canto però rileviamo che quel processo ha subito dei forti rallentamenti ed è ancora lontano dall’essere compiuto. Permangono logiche di potere che trasformano il dibattito politico in uno scontro ricorrente sugli assetti, gli organigrammi, le aspettative personali di qualche dirigente, in un contesto a volte poco edificante in cui i valori e i contenuti (veri protagonisti dell’azione di governo locale) vengono messi sempre in secondo piano.
Oggi vogliamo essere protagonisti in un partito che offre spazi e opportunità e che sposti il terreno del confronto sulle reali esigenze e bisogni dei cittadini.
Vogliamo esprimere la nostra indipendenza di pensiero all’interno del sistema valoriale di riferimento e non in quanto appartenenti ad un gruppo o ad un’area identificabili con un personaggio di riferimento.
Esprimiamo il nostro supporto al progetto di guidare il partito nella transizione verso il Pd, ma crediamo che anche questa fase (oltre ovviamente a quella del partito nuovo), debba essere caratterizzata da un’attività di direzione politica più forte, in grado di esprimere una compiuta progettualità del futuro della città e del territorio, e di immaginarne i contenuti con coerenza, decisione e partecipazione democratica. La chiusura definitiva di una stagione passata può sicuramente aiutare tale percorso di rafforzamento della direzione politica. Parlare di ricambio, porre la questione del rinnovamento, significa affrontare questi nodi e porre le basi per un rinnovamento vero della politica, passaggio fondamentale per generare una nuova classe dirigente che sia in grado di affrontare i nodi irrisolti della politica italiana e ferrarese.

LA COSTRUZIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO A FERRARA
Nella nostra Provincia, la costruzione del Pd rappresenta l’occasione per risolvere tutti questi problemi.
Occorre da subito impostare un cammino di elaborazione comune sia con le realtà partitiche già strutturate (la Margherita, i Socialisti, i Repubblicani europei, i Social-Democratici, l’Italia dei Valori), sia con le numerose realtà associative che si riconoscono nell’Ulivo ma non nei singoli partiti del centrosinistra attuale.
Questo cammino di elaborazione e discussione deve riguardare i temi-chiave del futuro del nostro territorio, dalla fisionomia dello sviluppo imprenditoriale ai servizi pubblici locali, dal tema dell’immigrazione a quello infrastrutturale, dallo sviluppo equilibrato e coeso del nostro territorio, alle politiche culturali del futuro.
Lo deve fare immaginando uno spazio politico aperto, ricco di discussione e di corpi intermedi, in cui non esistano feudi di questo o di quel dirigente e in cui agli iscritti sia consegnato reale e fattivo potere decisionale, in cui ogni cittadino possa avvicinarsi con passione e coinvolgimento, in cui ognuno possa dedicare alla politica il tempo che può e che si sente di dare; un’attività politica fatta con passione ma con spirito di servizio, e non come permanente rendita di posizione.
Proponiamo che tale cammino, nella nostra provincia, inizi il giorno dopo la conclusione dei congressi dei due principali partiti che daranno vita al Pd, avviando un confronto pubblico sulle diverse tematiche di interesse territoriale sulle quali il futuro Pd dovrà essere in grado di maturare e consolidare una propria linea di pensiero e di azione, frutto di un costante confronto interno.
Tale processo deve essere finalizzato ad accrescere la platea dei potenziali interessati al Pd facendo comprendere loro quale idea questo partito ha del proprio futuro e delle prospettive del proprio territorio di riferimento.
La primavera 2007 deve vedere l’avvio di un’esperienza realmente, radicalmente e meravigliosamente nuova.