Spunti
Vi segnaliamo due articoli interessanti che possono contribuire ad arricchire il dibattito:
Lo sviluppo dell'associazionismo e del volontariato indica che non basta partecipare, bisogna poter contare veramente, bisogna fare, bisogna contribuire a risolvere questioni reali. Democrazia deve congiungersi con efficienza e libertà, deve divenire responsabilità e liberazione... [E. Berlinguer]
Ho letto con molta attenzione la lettera di Fiorenzo Baratelli su “La Nuova Ferrara” di oggi e voglio proporre alcune considerazioni, oltre a ringraziarlo per l'attenzione prestata al nostro documento.
Penso che la forza del contributo politico (già sottoscritto da decine e decine di giovani iscritti ai Ds e non), sia proprio l'aver concentrato l'attenzione su temi e problemi della politica nazionale e locale: la costruzione del Partito Democratico ed il rinnovamento della politica.
Non abbiamo sentito l'esigenza di indicare singoli esponenti poiché siamo convinti che la personalizzazione del dibattito toglie forza e credibilità ad un documento che riteniamo meritare la dovuta attenzione.
Noi parliamo di futuro, e con esso di una necessaria e imprescindibile nuova modalità di pensare e di agire in politica, crediamo che il problema messo in gioco dalla nostra iniziativa trascenda le personalità coinvolte, e investa le modalità attraverso le quali il nuovo partito è in grado di costruire una concreta e realista proposta di governo, coinvolgendo anche una società civile a volte lontana dalla politica.
Non è una questione di coraggio, è un problema di metodo. E il metodo che vorremo adottare nella costruzione del un nuovo soggetto politico è il radicale cambiamento non solo della pratica ma anche del pensare stesso della politica.
Lontani dallo sterile idealismo che proprio in questi giorni ha colpito alle spalle un buon governo, ma anche lontani dall'eccessiva personalizzazione che ha indebolito l'intero sistema come già accaduto in passato al nostro partito. Perché la forza di questa proposta deve essere nei progetti di azioni di governo concrete capaci di incidere sulla realtà.
Quindi la nostra scelta di non fare nomi nasce dall'esigenza e dalla volontà di non dare peso ai personalismi: il rinnovamento passa proprio da qui. E attraversa un partito di donne e di uomini che si curano più di come governare un territorio che di mettere nomi e cognomi alla berlina.
Fuori dalle consuete logiche che mettono i nomi davanti alle proposte, noi decidiamo di sostenere con forza chi detta scelte coraggiose sia nell'azione rinnovatrice che in quella di governo.
Caro Fiorenzo, devo proprio essere sincero: non credevo che ci si sarebbe concentrati così tanto su quello che nel documento non c'è, ma pensavo si potesse inaugurare un dibattito sui temi e i contenuti in esso presenti. Perché, davanti ad una proposta concreta, largamente condivisa e innovativa, che merita in quanto tale un impegno continuo e la dovuta passione, dobbiamo essere gettati all'interno di una polemica che riguarda prevalentemente la tua generazione?
Non ci sentiamo inferiori, ma diversi rispetto alle classi dirigenti del passato, e lanciamo questa sfida con l'auspicio che la nostra diversità non sia un problema bensì una risorsa per il futuro di questo partito e di questo paese.
Simone Merli
L'imperatore persiano Serse, dopo la sconfitta nella battaglia navale di Talamina, diede ordine di frustare il mare.
Si lanciano anatemi contro un residuato bellico trotzkista e un miserabile senatore della Bassa (c'è persino chi spreca 10 centesimi per mandargli un sms), o contro Andreotti (ammazza o', quanto tempo è che non si insultava il divo Giulio?!) e Pininfarina, quello dei telai delle macchine.
Niente di nuovo sotto il sole. Quando il saggio indica la luna, ci dicevamo anche poco tempo fa, spesso tutti guardano il dito; così come di fronte ad una malattia grave, la sinistra italiana è ben contenta di incolpare il termometro.
E' più facile, più comodo. Quanto ci piace nascondere lo sporco sotto il tappeto? E quanto grande è, ormai questo tappeto?
La mia opinione è che anche le reazioni a caldo di queste ore non stiano centrando completamente il bersaglio. Il governo Prodi non è caduto per un incidente. Per un errore di calcolo, per due senatori truffaldini, per un azzardo politico, o per i fantasmi di complotto vatican-americani.
Il governo Prodi è caduto perchè è divenuta drammaticamente palese la frattura profonda tra le due sinistre al potere, l’incompatibilità ormai strutturale all’interno di un progetto culturale e politico a tutto tondo per il governo e il cambiamento del Paese. Senza l'area radicale non si vince, ma con l'area radicale non si governa, scrive Ezio Mauro oggi in un bell'editoriale su Repubblica.
Ma dico, è possibile che oggi si perda tempo a parlare di Rossi (regalandogli una visibilità mediatica che non merita), e nessuno ricorda che sono mesi che ministri, sottosegretari, presidenti di commissione e segretari di partito sfilano in piazza contro il governo di cui fanno parte o che sostengono? Che il presidente della Camera, vero garante dell'accordo Ulivo-Rifondazione, dichiara: A Vicenza andrei di corsa, ma non posso?
Possibile che nessuno abbia ascoltato ieri, in Senato, decine di senatori di Rifondazione e Pdci che dicevano che disprezzano questo governo perchè fa la lotta agli operai e la guerra al pacifico popolo afgano, ma che tuttavia avrebbero votato "si" per non far tornare Berlusconi?
Come si può lontanamente associare questo atteggiamento ad una seria e moderna cultura di governo? Chi può credere che con questa gente avremmo davvero cambiato l'Italia?
E scene del genere, si sono già viste (in soli dieci mesi) svariate volte: sulla Finanziaria, sulle liberalizzazioni, sulle scelte precedenti di politica estera. Una contrarietà netta, decisa, incontrovertibile, nascosta (messa, appunto, sotto il tappeto) solo per far sopravvivere (leggasi galleggiare) il governo. O, se preferite, per arrivare ai due anni e mezzo necessari per maturare la lauta pensione da parlamentare.
Questa tragica situazione (ma si sa, Ennio Flaiano insegna, in Italia la situazione è sempre tragica ma mai, mai, seria) serve da metro per la credibilità della classe politica di inizio secolo (che è la stessa di fine secolo, e di quasi-fine secolo, e di quasi-quasi fine secolo). Se si ridarà l'incarico a Prodi, con una spruzzatina di trucco in più, una tiratina d'orecchie al Rossi di turno ("Non farlo più, eh"), e magari l'acquisto (non oso immaginare a che prezzo) di Follini e un paio di suoi amici, allora sarà chiaro che ancora una volta si sono anteposti gli interessi di bottega (gli stessi che, scriviamo nel documento, vogliamo disboscare) agli interessi del Paese. Alzi la mano chi ha il coraggio di essere convinto che, passata questa crisi, non ci troveremo tra un mese, un anno, un anno e mezzo nella stessa identica situazione. Dalla prima caduta del governo Prodi, nell'ottobre del 1997 (sulle 35 ore) sono passati dieci anni. Dieci anni di ricatti, di finta unità, di "compagni che sbagliano" da perdonare in nome dell’opposizione a Berlusconi, mai in nome di un progetto vero per cambiare il Paese.
Se invece la classe dirigente, di entrambi gli schieramenti, avrà il coraggio di riformare la legge elettorale e tornare a votare con un assetto finalmente stabile e bipolare, allora forse per una volta avranno prevalso gli interessi del paese, e non quelli personali.
Una riforma della legge elettorale in senso compiutamente democratico, che non è (come già qualcuno di vuol far credere) una legge che dia ai partiti da prefisso telefonico uno spaventoso potere d'interdizione in nome di una presunta rappresentatività che non ha pari in nessuna demorazia occidentale; bensì, una legge elettorale che consenta a chi trae beneficio e consolazione dall'essere in piazza più che dal cambiare davvero il Paese, a chi è rassicurato dal suono familiare di parole d'ordine vetuste, più che dal consenso vero del popolo italiano. Che consenta a costoro di tornarsene belli belli nelle piazze, e lasciare il governo del Paese a chi intende davvero aprire una stagione nuova. Contrariamente a quanto qualcuno può pensare (compreso il ministro dell'Università), stamattina c'è ancora più bisogno di Partito Democratico.
Luigi Marattin
Care Compagne, Cari Compagni,
sento di chiamarvi così non solo per consuetudine, ma perchè so che il pane che condividiamo stasera è lo stesso. E' un pane che ha il sapore dell'amarezza nell'aver visto la caduta del governo. Non so cosa succederà, penso serva comunque una forte riflessione. A chi dice che i Ds debbono rimandare il proprio congresso, dico: no, il congresso, ora più che mai deve andare avanti, la strada del Partito Democratico va intrapresa subito per riuscire a dare credibilità al centrosinistra e governabilità al Paese.
Non stiamo parlando di un cartello elettorale, stiamo parlando di Futuro, di quel Futuro che ci sta vedendo protagonisti della sua costruzione, di quel Futuro di tutti e di ciascuno di cui spesso parlo e scrivo perchè ci credo. E credo che non si debba perdere la testa, che non si debba avventurarsi in giudizi affrettati ma che si debba attuare, con la necessaria serenità, un dibattito sulla nostra coalizione e sul senso di responsabilità che purtroppo troppe volte viene superato da personalismi e manie di protagonismo.
Il progetto del Partito Democratico deve concretizzarsi, non abbiamo il tempo di aspettare, non dobbiamo farci schiacciare da chi reputa le nostre, "chiacchiere" da partito. Il nostro è un progetto vero, è un progetto che sostituisce l'interesse particolare con l'interesse collettivo; è il motore della sinistra vera, quella che sa evolversi mantenendo saldi ed imprescindibili i valori della solidarietà, della tolleranza, del servizio e della passione.
Credo che non si debba aver paura di procedere sulla strada che abbiamo intrapreso e che le nostre passioni e competenze vadano spese con umiltà.
So che il percorso ha tanti ostacoli, è inutile negarlo, ma so anche che se sapremo stare uniti e trovare vasti consensi, la strada ci verrà aperta dai cittadini che mostreranno fiducia in quel che andremo a proporgli.
Oggi più che mai ho fiducia nel Partito Democratico.
Oggi più che mai serviamo anche noi.
Grazie a tutti per l'impegno.
Se riuscite, buonanotte.
Simone Merli